L’umiltà di Ancelotti contro Guardiola
Per banalizzare Carlo Ancelotti basterebbe ricordare la ricetta vincente dell’Arrigo Sacchi originale, l’ispiratore che congiunge le filosofie di Pep e Carletto. Per esaltarlo come merita, invece, bisogna aggiungere la dote citata dall’Arrigo parody account (se fosse su X, si direbbe così): umilté. Già, perché Ancelotti all’Etihad ha mostrato come si può portare anche un Rolex con umilté, come Maurizio Crozza negli straordinari panni di Sacchi a Mai Dire Gol, quasi 25 anni fa e sembra ieri. Non come “Panuzzi (Panucci) che lo espone al polso senza umilté”.
Ancelotti ha un Rolex al polso e tra pochi mesi aggiungerà un brillante alla sua corona di Re, Real e realista: Kylian Mbappé. Eppure ha avuto l’umiltà di presentarsi all’Etihad accettando la forza superiore degli avversari, ammettendo implicitamente anche quella del suo collega Pep: ok, sei più bravo di me/noi a far attaccare i tuoi campioni, io metto i miei soldati a difesa del castello perché penso che sia l’unico modo per non farmi travolgere e spero che oltre all’occhio e alla pazienza mi venga in soccorso anche…la fortuna. Non ha “allenato sé stesso”e quindi non ha “voluto vincere la partita da solo” ma ha curato con maniacalità ogni aspetto per fornire le informazioni necessarie a Carvajal, Rudiger e c. per limitare gli avversari.
L’umiltà di Ancelotti contro Guardiola
È andata così, anche se a nessuno (nemmeno a Bellingham) sfugge che il City abbia avuto un gioco offensivo più strutturato, più bello da vedere e pure molto più produttivo. E che, in caso di ko, se De Bruyne avesse calciato in porta e non alle stelle, ad Ancelotti sarebbe stato rimproverato un atteggiamento troppo difensivo. Mai sfociato però nell’intimidazione o nell’antisportività che caratterizzavano il Real degli Anni Ottanta né l’Atletico del Cholo Simeone contro il City due anni fa.
Calciomercato.com e Terzotemponapoli.com analizzano l’eterna sfida tra i due tecnici.