Simeone: “Quella del Napoli è stata una chiamata interiore, non sono mai stato bene come qui e sono motivato, Diego c’è sempre e i tifosi lo ricordano in ogni momento”
Giovanni
Simeone, attaccante del Napoli, ha rilasciato alcune dichiarazioni a La Nacion
parlando del suo approdo in azzurro:
“Consoscete la mia storia, io ascolto
sempre quelle voci interiori e quella del Napoli è stata come una chiamata
interiore. -afferma Simeone – Sentivo di dover venire qui, al di là della grande di Maradona, di
quanto sia competitivo come club: c’era qualcosa dentro di me che mi diceva che
il mio posto era al Napoli, che dovevo venire qui. Non riesco a spiegarlo
meglio. Non sono mai stato così bene come qui, a Napoli, perché i napoletani
sono come un mix tra italiani e argentini, proprio come me”.
Tuo padre dice
che nel calcio bisogna sempre correre. Questo vale anche per te che devi
correre da dietro al Napoli.
“Ogni
minuto conta. È qualità, più che quantità. L’ho imparato quando il mio vecchio
ha lasciato l’Argentina ed è andato in Spagna, e l’ho visto due settimane
all’anno. E lì ho imparato la qualità del tempo. -prosegue Simeone – Se avevo poco tempo con mio
padre, dovevo viverlo al meglio perché dopo poteva volerci anche un anno per
rivederlo. Da quel momento ho capito che la qualità era molto più importante
della quantità. Se approfitti dei 5, 10, 15 minuti che ti regala un tecnico,
sicuramente ti darà di nuovo occasioni. Sono cresciuto così nel calcio”.
C’è qualcuno
nel Napoli che ti racconta gli anni di Maradona?
“Certo, Tommaso Starace, è un personaggio! Vuole sempre offrirti il
caffè. Mi ha promesso che una sera a cena mi racconterà tanti aneddoti di
quello che ha vissuto con Diego. -aggiunge Simeone – Adesso è invecchiato, sono passati anni, ma
quando percorri il corridoio degli spogliatoi già sai che ascolterai lui mentre
canta, da solo, ‘Oleee, oleee, oleee, Diegoooo, Diegoooo’. Come se si fosse
rotta la cassetta. Succede anche a me, come in quel video in cui sono in campo
e comincio a cantare la canzone ‘Maradò, maradò’… E’ solo che non riesci a
contenerti, c’è un’atmosfera speciale allo stadio, una cosa difficile da spiegare”.
In città si
parla di Diego?
“Tutti parlano di Diego qui, ti dicono che hanno vissuto qualcosa di
speciale. Diego c’è sempre in questa città. I tifosi lo ricordano sempre, tutti
i giorni. La gente qui soffre ancora di quella differenza tra nord e sud e
Diego li ha salvati dall’oblio. Diego è gioia per loro, e va oltre il calcio.
Dicono che ha dato loro gioia, visibilità e senso d’appartenenza. Questa è una
città così appassionata di calcio che avere Diego tra loro è un grande
orgoglio. -spiega Simeone – La gente qui ha un cuore grande, ti dà tutto, e Diego ha dato loro
luce, speranza, li ha convinti di poter combattere contro il potente nord. È
così che ti dicono ogni giorno. Ha lasciato un segno per sempre. Ad esempio,
ora molti mi dicono: “Dato che non saremo in questo Mondiale, saremo tutti
argentini”. Ci si aspetta molto dalla nostra squadra in Qatar, ed è merito
di Diego. L’Argentina fa parte di questa città”.
Tuo padre era
anche amico e compagno di squadra di Diego.
“Non mi ha parlato molto di Maradona ma mi ha sempre detto che Diego era
una persona che gonfiava il petto per tutti, che andava sempre a difesa dei
compagni. -riporta Simeone – E per questo era una persona nobile. Quando sono arrivato a Napoli,
papà mi ha mandato un messaggio in cui mi diceva che in Argentina tutti i
ragazzi del suo tempo erano cresciuti con il Napoli di Maradona, e che tutti
sognavano di poter un giorno giocare nello stadio dove ha giocato a Maradona.
Mi ha chiesto di godermi il posto che tanti sognavano da bimbi in
Argentina”.
E’ un Napoli
senza limiti, capolista in campionato e Champions.
“Mi sento motivato nello stare in una squadra che punta così in alto. Già
il fatto di giocare ogni tre giorni è fantastico, non c’è niente di più bello. -prosegue Simeone – Papà mi ha sempre detto che ti dà una scarica di adrenalina diversa, ma finché
non lo provi non puoi capirlo. Non c’è niente di più bello che giocare ogni
tre-quattro giorni”.
Obiettivi
personali?
“Penso a migliorarmi continuamente, uscendo dalla zona di comfort. Per
migliorare te stesso devi uscire dalla zona di comfort e io mi sentivo pronto
per il salto in una grande. -ricorda Simeone – Ho giocato e lottato per molti anni in Serie A per
ottenere questa chance. E’ giunto il momento di confrontarsi e vivere con
grandi, ottimi giocatori. Mi sento pronto”.
Ci racconti
del pianto dopo il gol contro il Liverpool?
“Una magia. Mi sono lasciato trasportare dalla magia del
presente. Avevo sognato quel momento tante volte, quindi un po’ vissuto
dentro di me e adesso stava accadendo, così ho lasciato che tutto scorresse… -spiega Simeone – Per quanto l’ho desiderato mi è sembrato che l’avessi già vissuto, quindi in un
certo senso erano solo gli altri a vedere quello che io avevo già vissuto
dentro di me”.
Si è sempre
detto che il Cholo ti avrebbe allenato, così come fa con Giuliano, il più
giovane.
“Non
c’era modo più naturale di incontrare padre e figlio, perché la situazione non
era facile. -continua Simeone – Immagina che se a qualcuno dei giocatori non piace il mio vecchio,
e ti rimuove dal gruppo pensando che puoi andare a dirgli di quelle critiche…
È strano. Entrambi hanno gestito molto bene quel periodo insieme all’Atlético
de Madrid”.
Pensi ancora
che Giuliano sia il migliore dei tre fratelli?
“Ho
sempre detto che era il migliore. Per le sue caratteristiche, con la palla è il
migliore dei tre. Ma nel calcio serve molto di più che giocare bene con la
palla e, d’ora in poi, a 19 anni, dipenderà molto da come risolverà le
situazioni che si presenteranno nel calcio. -ritiene Simeone – Ho visto tanti giocatori giocare
molto bene e non sono arrivati. Giuliano gioca molto bene, ma ora dipenderà
dalla sua personalità. Come giocatore è il migliore dei tre, insisto, ma per
arrivarci e mantenersi servono molte più cose”.
Usi i social
network. Come li reputi?
“So che
un messaggio può ferire molto. E non incide sull’umore, ma direttamente sulla
salute delle persone. Uso le reti, ma mi riservo un Instagram personale che
utilizzo con i miei amici, più intimo, in cui seguo tutte le cose che non hanno
nulla a che fare con il calcio. Temi di pesca, temi di immersione, fotografia
di animali e paesaggi…, seguo persone che meditano. Nutro il mio mondo
interiore. -svele Simeone – Molto raramente apro il telefono per vedere i messaggi, sì, forse,
per vedere qualcosa della vita dei miei compagni di squadra di calcio, per
scoprire chi ha segnato un gol… e poco altro”.
Come sei
riuscito a raggiungere un equilibrio tra la tua vita e la passione per il
calcio?
“Non è
difficile per me. La passione ti porta a consumare tempi che vanno oltre la
logica, una passione che tanto ti domina ti consuma dentro. E questo mi
succede, ma anche, quando sono concentrato, comincio a guardare una serie, a
leggere un libro… e lo vivo con molto equilibrio, naturalmente. -aggiunge Simeone – Penso che sia
dovuto alla mia personalità e perché, insisto, la meditazione mi sta aiutando
molto a poter vivere con calma, senza perseguitarmi o pressarmi per questo o
quell’altro. L’adrenalina del calcio non mi imprigiona, la metto al suo posto:
ne ho bisogno per migliorarmi, ma non mi imprigiona, né mi soffoca, né mi
toglie la vita”.
Conclude Simeone