Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all’Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha rilasciato un’analisi critica sulla gestione dell’arbitrato nel calcio, focalizzandosi soprattutto sulla questione della “valutazione soggettiva”. Il suo intervento si inserisce in un dibattito sempre più acceso riguardo all’applicazione delle regole e al ruolo degli arbitri, in particolare alla luce dell’uso del VAR e delle decisioni contestate durante le partite di alto livello.

Il problema della “valutazione soggettiva”

Clemente di San Luca inizia la sua analisi con una critica feroce alla diffusione di opinioni arbitrali formulate senza una solida conoscenza delle regole. Sottolinea come molti commentatori, spesso ex calciatori e allenatori, siano privi delle necessarie competenze giuridiche per discutere delle decisioni arbitrali. La loro visione, a suo avviso, è superficiale e pericolosa, in quanto tende a legittimare comportamenti che violano le regole del gioco.

Un esempio chiaro di questa problematica, secondo Clemente, è l’uso della “valutazione soggettiva” come giustificazione per errori arbitrali. La frase tipica che sentiamo in televisione, come “si è capito che è questo il metro di giudizio che ha assunto l’arbitro”, è, per l’autore, un tentativo di giustificare l’inaccettabile. La legge del gioco, infatti, non ammette interpretazioni personali che possano modificare la natura oggettiva di un fallo.

Clemente di San Luca: L’interpretazione arbitrale e il VAR

Nel corso della sua riflessione, Clemente porta vari esempi concreti di decisioni discutibili, come il caso del gol del Milan nella finale di Supercoppa, nato da un fallo non rilevato su Asllani. Qui, il VAR avrebbe dovuto intervenire, ma non lo ha fatto, lasciando irrisolto un errore che ha influenzato l’esito della partita.

Altri episodi, come il rigore negato al Milan contro la Roma e la decisione di Parma-Monza, evidenziano, per Clemente, una preoccupante incoerenza nelle applicazioni delle regole, soprattutto quando il VAR non interviene per correggere errori chiari e indiscutibili. La discrezionalità dell’arbitro, secondo l’autore, non può prevalere sulle norme del gioco, e ogni tentativo di giustificare errori attraverso una lettura soggettiva va contro il principio di uniformità delle decisioni.

L’evoluzione delle dichiarazioni dell’AIA

Clemente critica anche le dichiarazioni rilasciate dai vertici dell’AIA, che nel tempo hanno modificato la loro posizione riguardo al ruolo del VAR. Inizialmente, si era sostenuto che il VAR non dovesse mettere in discussione la “valutazione di campo” dell’arbitro, ma recenti dichiarazioni di Rocchi hanno ribaltato questa visione, ammettendo che il VAR può intervenire sempre, in ogni situazione.

Questa dichiarazione, secondo Clemente, non solo contraddice le posizioni precedenti, ma alimenta la confusione, ampliando l’arbitrio degli arbitri e minando la trasparenza delle decisioni. Non si tratta più di un gioco chiaro e oggettivo, ma di un sistema che lascia spazio a interpretazioni personali che possono alterare l’esito delle partite.

Clemente di San Luca: La questione del “rigorino” e della soggettività

Un altro tema sollevato da Clemente riguarda la visione soggettiva che prevale nell’interpretazione di episodi come i rigori. Secondo le dichiarazioni rilasciate dai designatori arbitrali, il VAR dovrebbe essere usato solo per “episodi chiari e seri”, escludendo quelli che potrebbero essere definiti “rigorini”. Ma chi stabilisce cosa sia chiaro e serio? È questa la domanda centrale.

Clemente denuncia la pericolosa tendenza a ritenere che l’interpretazione dell’arbitro possa andare oltre le regole, considerando l’episodio nel suo contesto emotivo o situazionale, invece che sulla base di una lettura oggettiva. Questo tipo di approccio rischia di compromettere il principio di equità, che dovrebbe garantire a tutte le squadre lo stesso trattamento.

L’arbitro come “pubblico ufficiale”

Infine, Clemente esplora un’idea avanzata da Rosetti, capo della divisione arbitrale della UEFA, che vorrebbe l’arbitro trattato come un pubblico ufficiale durante l’intero corso della partita. Se gli arbitri fossero considerati ufficiali pubblici, infatti, potrebbero essere perseguiti penalmente per frode sportiva, aumentando così il controllo sulla loro imparzialità e sull’applicazione uniforme delle regole.

Anche se questa proposta solleva questioni delicate, Clemente sembra sostenere l’idea che una maggiore responsabilità legale potrebbe effettivamente contribuire a garantire un arbitro più imparziale e meno incline a interpretazioni soggettive che potrebbero danneggiare la correttezza del gioco.

Conclusioni

Guido Clemente di San Luca solleva quindi un ampio dibattito sulla gestione degli episodi arbitrali e sul ruolo fondamentale che le regole devono svolgere nel calcio. La tesi centrale del suo intervento è che la “valutazione soggettiva” non deve mai prevalere sulle norme oggettive, poiché ogni violazione delle regole rischia di minare la legittimità del gioco e l’integrità delle competizioni.

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