Si parla sempre più spesso di calcio dei giochisti contrapposto a quello dei risultatisti
Negli ultimi anni sono stati inseriti nel vocabolario molte nuove parole, quasi tutte discutibili. Anche il mondo del calcio ha contribuito a questa operazione che dietro all’apparente volontà di modernizzazione del linguaggio ha uno scopo ben preciso. Partendo dall’innocenza solo formale di “petaloso” stiamo assistendo ad una metamorfosi del linguaggio che è solo marginalmente una questione lessicale. Molti nuovi termini infatti stanno modificando il comportamento delle masse dividendole in due fazioni opposte. Addirittura l’abuso della parola “inclusività” ha prodotto più esclusioni di quando esisteva l’accettazione del pensiero critico. Questo sta avvenendo anche tra “giochisti” e “risultatisti”. Una divisione che è presentata così netta tra due posizioni apparentemente contrastanti sta contribuendo sempre più alla distrazione di massa e alla morte dell’autonomia di pensiero.
Perchè un giochista non può essere anche un risultatista e viceversa?
Ci sono casi estremi di chi rinuncia aprioristicamente alla bellezza del gioco rivolgendo la propria attenzione esclusivamente al risultato. Così come ci sono quelli che in nome di un presunto “bel gioco” riducono le proprie squadre ad un agglomerato di scimmie da circo. Il maggior rappresentante della prima categoria è certamente Josè Mourinho che basa la sua idea di calcio quasi esclusivamente su principi come l’ostruzionismo, la provocazione e la rottura del gioco con una serie estenuante di falli. Altrettanto estenuante quanto sterile appare invece il possesso palla proposto dai vari “figli” di Guardiola, uno su tutti De Zerbi. Guarda caso sia nel primo che nel secondo caso stiamo parlando di allenatori che o non vincono mai o non lo fanno da tempo. In pratica vengono meno entrambi i principi, quello della vittoria a tutti i costi e quello della spettacolarità.
A vincere e fare bene sono sempre gli stessi al di là della “filosofia” di calcio sposata
Andiamo a vedere però la realtà dei fatti cercando di fare qualche rapido esempio. Max Allegri per esempio è da sempre criticato per il presunto brutto gioco che propongono le sue squadre. Ma questa è la verità o un’etichetta? Il tecnico della Juventus, a prescindere dalla spettacolarità o meno del gioco delle sue squadre ha certamente un pregio che lo distingue dagli altri. Ha sempre fatto di necessità virtù e questo è innegabile a prescindere dalle simpatie o antipatie calcistiche. Ha ripreso la Juventus disastrata da Sarri e Pirlo e non ha mai fatto storie sui calciatori a disposizione. Ha messo in prima squadra come titolari molti giovanissimi senza alcuna esperienza e continua a farlo. Eppure sta riportando la sua squadra a ottimi livelli, anche di gioco. Lo spettacolo nel calcio è sempre stato anche regalato da grandi interventi difensivi, parate e contropiedi magistrali.
Guardiola è il più vincente ma ha sempre allenato rose di grandi campioni
Per quanto riguarda i cosiddetti giochisti non possiamo non prendere in considerazione Guardiola, il tecnico più vincente in assoluto. Un paradosso che un giochista sia anche il miglior risultatista? Non direi. Il tecnico catalano nella sua ormai lunga carriera ha allenato Barcellona, Bayern Monaco e Manchester City. Nel primo caso si è ritrovato a disposizione una squadra di fenomeni le cui basi ha messo Rijkaard. Inutile parlare di Bayern Monaco e Manchester City, autentiche superpotenze del calcio. Eppure dai tedeschi è stato allontanato perchè voleva far spendere al club cifre folli. Ad accontentarlo ci hanno pensato i citizens che hanno investito quasi 1 miliardo per Pep. Come si fa ad offrire uno spettacolo scadente quando si hanno in rosa 20 tra i migliori calciatori al mondo? Insomma non facciamoci fregare dalle parole che spesso mentono, ma impariamo a giudicare il calcio (e non solo) attraverso la nostra coscienza critica.