Il declino del calcio e la “cura Ludovico”
Il calcio ha subito negli ultimi vent’anni una indiscutibile involuzione tecnica a tutto discapito dello spettacolo. Oggi abbiamo la possibilità di assistere a centinaia di partite ogni settimana eppure abbiamo quasi sempre la sensazione che ci sia qualcosa che non vada. Quella sensazione è certamente in parte da attribuire alla desensibilizzazione allo spettacolo di cui fruiamo della quale siamo tutti vittime. Per fare una citazione cinematografica, ricordiamo la Cura Ludovico di Arancia meccanica.
Centinaia di partite alla settimana e pochissima qualità
La cura prevedeva di sottoporre il violento Alex ad una sovraesposizione di immagini cruente con il risultato appunto di desensibilizzarlo alla violenza. Addirittura Alex dopo la cura è nauseato dalla stessa, che non userà più nemmeno per difendersi. In effetti la fruibilità del calcio ci ha fatto diventare un po’ tutti Alex, ma questo non basta a giustificare quel senso di insoddisfazione che spesso le partite di calcio ci lasciano. L’altra ragione indiscutibile è per l’appunto la carenza tecnica degli attori/calciatori che scendono in campo. Non è raro infatti imbattersi in una quantità di errori individuali inaccettabili se fatti da un professionista super pagato. Se da un lato c’è stata una straordinaria evoluzione atletica nel mondo del calcio e dello sport in generale questa non è stata accompagnata da un’evoluzione tecnica.
CI sono sport che possono indicare la strada al calcio
Gli altri sport, in particolare quelli individuali, ci insegnano che l’obiettivo principe di un atleta è quello di raggiungere le sue massime potenzialità. Quando parlo di potenzialità mi riferisco certamente a quelle tecniche ma anche a quelle fisiche e mentali. Se ci lasciamo aiutare ad esempio dal tennis possiamo probabilmente avere una visione più chiara della questione. I tennisti arrivano al professionismo già in possesso di una padronanza e una precisione nei fondamentali che un calciatore nemmeno si sogna. Eppure quelli che vogliono arrivare nell’Olimpo del loro sport, ovvero la top ten, tendono a migliorarsi sotto tutti i punti di vista per l’intera carriera spesso riuscendoci.
La lezione di Jannik Sinner
Il numero 1 italiano Jannik Sinner qualche sera fa ci ha dato l’esempio pratico di ciò che sto dicendo. Reduce da un vero e proprio tour de force che lo ha visto raggiungere il quarto posto nella classifica ATP e culminato con la vittoria di Vienna ha subito iniziato il torneo di Parigi letteralmente spompato. Torniamo alla lezione che ci ha dato insieme al suo coach. Innanzitutto Sinner ha migliorato alcuni suoi fondamentali come il servizio e il diritto. Ha trovato uno stile di gioco aggressivo che gli permettere di essere più vincente riducendo il numero di scambi. Ma il vero e proprio capolavoro Sinner lo ha fatto battendo l’americano Mc Donald nel primo turno di Parigi.
Il capolavoro del coach Cahill
Dopo meno di una settimana dalla vittoria di Vienna, stanco fisicamente e appagato mentalmente ha perso il primo set con l’americano al tie-break. Ha iniziato il secondo set sventolando chiaramente bandiera bianca, ma è qui che è iniziata la lezione per tutti. Il suo coach Cahill si è alzato in piedi, senza più sedersi, dicendogli che avrebbe potuto vincere la partita, nonostante la carenza di energie e la testa che gli diceva di mollare. Alla fine Sinner ha vinto per due set a uno terminando la partita in piena notte. Sia Cahill che il numero 1 italiano sapevano che non ci sarebbe stato il tempo fisiologico per recuperare per il secondo turno che difatti Sinner non ha disputato. Allora a cosa è servita quella battaglia? È servita a far entrare il ragazzo in quella mentalità vincente che sola può portarti a superare i tuoi limiti e ottenere grandi risultati.
L’evoluzione della tattica e l’involuzione della tecnica
Insomma un tennista che si trova ad affrontare gli avversari da solo e può contare solo su se stesso riesce a migliorarsi sotto tutti gli aspetti. Perchè non si riesce a lavorare allo stesso modo nel calcio, sport di squadra e quindi di mutuo-aiuto? Il motivo principale va certamente ricercato nella metamorfosi che ha avuto la figura dell’allenatore. Dall’avvento di Arrigo Sacchi al Milan verso la fine degli anni ’80 l’importanza data a schemi e dettami tattici è andata di pari passo con l’impoverimento tecnico dei calciatori. E noi siamo passati dal parlare delle gesta in campo degli atleti al disquisire di moduli, possesso palla e percentuali, come se quello che accade sul terreno di gioco dipendesse esclusivamente da questo.
I danni fatti al calcio da Guardiola e dai suoi discepoli
Per descrivere quello che hanno fatto al calcio certi “accademici della panchina” possiamo parafrasare uno dei più famosi aforismi di Nietzsche. “Dio è morto, e ad ucciderlo siamo stati noi” affermò il filosofo tedesco, “Il calciatore è morto, e ad ucciderlo siamo stati noi” potrebbero affermare Guardiola e i suoi discepoli. Quando i tecnici hanno cominciato ad avere la pretesa di vincere partite e campionati offrendo “bel gioco” grazie alle proprie masturbazioni mentali la qualità effettiva degli uomini in campo ha cominciato a ridursi drasticamente. Si è portato avanti un processo che è arrivato all’assurdo di oggi. Negli staff tecnici ai comandi del main coach ci sono tattici, match analyst, mental coach, che pretendono di analizzare in maniera postuma qualcosa che invece avviene nel contesto di una realtà che è sempre multiforme.
Un fermo immagine è una bugia
Per smentire il modus operandi di questi teorici del calcio basterebbe citare le parole del grande fotografo statunitense Andreas Feininger. Parlando del rapporto tra fotografia e realtà smentisce clamorosamente la coincidenza delle due cose negando che la prima possa fissare un attimo della seconda. Queste le sue parole “Quasi tutte le fotografie sono delle “bugie”, nel senso che non corrispondono mai alla realtà: sono riproduzioni bidimensionali di oggetti tridimensionali…sono immagini statiche di oggetti in movimento”. Come poter analizzare da un fermo immagine quindi il perchè si è preso o si è fatto un gol? Se un’azione è iniziata in maniera corretta o sbagliata?
Il senso del tragico greco e il calcio
Purtroppo l’uomo post-moderno, con estrema ed ingiustificabile presunzione si è auto-affermato homo deus. Pensa cioè di poter dominare la natura delle cose per mezzo dello sviluppo della tecnica divenuta tecnologia e di poter diventare esso stesso generatore di realtà. Bisognerebbe recuperare invece il senso del tragico greco della realtà secondo il quale la vita è spazio di libertà nel quale si manifesta l’atto umano nel suo senso più puro. Allora tornando al nostro argomento che è il calcio, per salvare questo sport che ci ha regalato sogni e momenti magici accompagnando molti di noi sin dall’infanzia dobbiamo fare un atto rivoluzionario. Tornare a tecnici che siano innanzitutto maestri di tecnica calcistica e uomini in grado di assecondare e migliorare le qualità individuali degli atleti per inserirle armonicamente in un contesto di squadra.
I visionari salveranno il calcio
“La realtà non è mai come la si vede: la verità è soprattutto immaginazione” affermò con convinzione l’artista Renè Magritte. Non fermiamoci quindi alla fallacia dell’apparente ma affidiamoci a quei visionari che poi sono quelli che hanno sempre migliorato realmente l’umanità. Vogliamo allenatori che puntino sui giovani senza alcun tipo di paura, che sviluppino i loro potenziali. Solo così possiamo sperare in un ritorno autentico della passione per il calcio, per la qualità, per il senso tragico che deve avere una partita di pallone. Parafrasando ancora una volta Nietzsche auguriamoci di poter dire “L’allenatore evoluto è morto, e siamo stati noi visionari ad ucciderlo”.