Paolo De Paola, giornalista, ha commentato la vittoria del Napoli contro la Juventus
nel suo editoriale per il sito di Sportitalia: 

 

“Capolinea Allegri, consacrazione Spalletti. Vincere per uno a zero non è l’unica cosa che conta.
Anzi, non conta più nulla. Chi si riferisce all’ippica per ispirare il proprio
calcio vuol dire che ha capito poco di calcio ed è meglio che resti all’ippica.
Il Napoli è travolgente bellezza. -afferma  De Paola – Il più bello di sempre. Nemmeno quello di
Sarri o di Bianchi o quello di Bigon o di Vinicio hanno dato tanto spettacolo
per bellezza ed efficacia di gioco. Roba mai vista. Nel confronto, la Juve è
uscita mortificata nell’anima e nella filosofia. Il corto muso ha incassato
cinque gol in una sola gara quando ne aveva subiti solo sette nelle precedenti
diciassette partite. -prosegue De Paola – Sono le macerie di un modo di interpretare questo
sport. 

 

Sconfitte del genere servono a comprendere che si è in un’altra epoca, in un’altra
dimensione. Far finta di nulla cercando solo di leccarsi le ferite per salvare
il salvabile ha poco senso. -aggiunge De Paola – Dopo il 5-1 contro il Napoli, adesso, la Juve deve
interrogarsi su quale progetto vorrà portare avanti per il futuro. E
soprattutto con chi. C’è da ribaltare tutto. In tempi normali la stagione
potrebbe andare avanti con un traguardo obbligatorio (qualificazione in
Champions), due obiettivi possibili (Europa League, Coppa Italia) e uno sempre
più difficile come lo scudetto (dieci punti), ma non siamo in tempi normali.
Almeno non per questa Juve. Occorre un radicale ripensamento. Una rivoluzione
che ha già cambiato volto alla società stabilendo la chiusura di un periodo storico
(i nove scudetti consecutivi) diventato oscuro negli ultimi anni per
l’inchiesta Prisma aperta dalla Procura di Torino su plusvalenze e bilanci. -ritiene De Paola – La
proprietà è intervenuta con una svolta decisa azzerando il precedente consiglio
d’amministrazione e rinfoltendo i ranghi con esperti in gestione, bilanci,
Borsa e questioni legali.

 

Si sperava che Allegri potesse essere il pilastro su cui fondare la squadra del futuro, ma
appare evidente che si tratti di un compito proibitivo. -crede De Paola – La partita di Napoli ha
aperto falle enormi in quell’anomalo convincimento che spingeva la Juventus a
fidarsi di ciò che aveva compiuto nelle precedenti otto partite trascurando
scricchiolii e botte di fortuna (Cremonese) che ne avevano caratterizzato il
cammino. Nessuna grande squadra “gioca” così in Europa. Se la Premier può
essere un riferimento e per Paolo Di Canio sicuramente lo è, nemmeno le ultime
in classifica del campionato inglese, come sostiene l’ex di Lazio, Juve e
Napoli, si permettono di arroccarsi in difesa sperando in un errore avversario.
Vale la pena tornare sugli svarioni concettuali contro il Napoli per
comprendere quanto sia ormai obsoleto il calcio di Allegri. Perché proporre una
difesa a tre anche contro un attaccante devastante come Osimhen? La difesa a
quattro è sempre stata una certezza per la Juve. Dove è finita la politica sui
giovani? Fagioli e Miretti in panchina, per non parlare degli altri. Ha,
infine, poco senso regalare quattro giocatori come Chiesa, Kostic, Milik e Di
Maria per una fantomatica manovra d’attacco se nessuno copre e nessun altro sa
portare palla a centrocampo. -sottolinea  De Paola – La Juve è stata bucata ovunque esponendo a
figuracce il trio brasiliano che ha mostrato il solito, svagato, Alex Sandro.
Soprattutto non si è compresa la strategia di gioco contro un avversario
abituato a muoversi con sincronismi perfetti e in grado di gestire i tempi
della partita. Davvero Allegri credeva di potersela cavare con un golletto come
quello segnato alla Cremonese dopo avere resistito all’assedio dei padroni di
casa? Utopia assoluta contro un avversario estremamente organizzato. Da questi
errori è impossibile ripartire e c’è ancora un intero girone di ritorno da
disputare. Ah, la Juve è a terra anche fisicamente. Toc toc, che qualcuno ne
prenda atto. E chi si ostina a difendere Allegri p
uò sempre seguirne le imprese
in un ippodromo”.

Conclude De Paola

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